• La pelle come limite

    La parola limite, in tempi moderni, è spesso interpretata in senso negativo.

    Ma limite è anche segno di identità. Basti pensare ai confini di una nazione, entro i quali si parla una stessa lingua, si condivide una cultura.  La nostra pelle è quello che ci divide dal mondo esterno, il nostro limite, ma anche la nostra identità, con tutte le implicazioni che conseguono a questo nel caso di alterazioni dovute a malattie dermatologiche o al semplice invecchiamento, che tutti vogliono contrastare ignari dei rischi di faustiana memoria…

    Su questo naturale desiderio di eterna giovinezza ( cutanea) molti sono disposti a vendere l’anima al diavolo.  Ed ecco il fiorire di una industria della bellezza a tutti i costi che propone integratori, creme miracolose ed antiinvecchiamento, trattamenti dermocosmetici a caro prezzo. Il limite va posto sia da parte del paziente che molto può fare in senso preventivo, eliminando fumo, eccessiva esposizione al sole, diete incongrue e stili di vita errati, che da parte del Dermatologo che non può rincorrere in modo acritico il mercato e le esigenze, a volte illusorie, del paziente.  La pelle per trasmettere emozioni, vissuti interiori, difficoltà e conflitti. Il cambiare colore in base ai nostri stati emotivi, dal rosso della collera al pallore spettrale. Il colorito, la cera…ha una bella cera…livido di rabbia…mi si accappona la pelle. Quanti modi di dire entrati nell’uso comune hanno come protagonista la nostra pelle.

    La pelle come rappresentazione. Pensiamo al termine “pellicola”. La matrice che viene impressionata dal mondo esterno…La pelle come schermo: ho la pelle malata, brutta e non posso uscire, in questo caso la malattia porta un vantaggio consistente nell’evitare i contatti sociali, quando risultano sgradevoli. La pelle come gioia: non sto più nella pelle.

    Salviamo la pelle.

     

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